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Intervista all’Ing. Paolo Scudieri (4 dicembre 2015)

(di Irene Polito)  

Paolo Scudieri

Paolo Scudieri, noto imprenditore campano, rappresenta con la sua azienda una delle migliori e più solide realtà imprenditoriali in Italia e all’estero. ADLER GROUP progetta, sviluppa e industrializza componenti e sistemi per l'industria del trasporto, utilizzando in modo innovativo poliuretani, poliolefine, polipropilene e polivinile. Il gruppo ADLER ha 58 stabilimenti in 19 Paesi e 7 siti di ricerca e sviluppo.

Di recente, Paolo Scudieri ha fondato Eccellenze Campane – la Terra del Buono –, un progetto legato alla valorizzazione dei prodotti campani; un polo gastronomico che promuove il “meglio” del made in Campania, portandolo direttamente dal produttore al consumatore senza passaggi intermedi, nella logica della “filiera corta”.  

Incontro l’ing. Scudieri nella sede di Eccellenze Campane, in via Brin, nella zona industriale di Napoli.

Incuriosito ed entusiasta risponde alle domande che io e Simone Lucattini, coordinatore de “Il Merito”, abbiamo pensato per lui.

  • Cosa è per lei il merito? Quale è la sua idea di merito?

Parlare di merito significa, per me, parlare di attualità. Il merito è per me, da sempre, un elemento distintivo che consente di individuare le persone che vogliono riuscire, nella mia azienda, ma più in generale in tutti i settori. In un mondo globale e sempre più innovativo il merito è un concetto che va inculcato nei più giovani. Occorre far comprendere loro che attraverso il merito è possibile raggiungere ogni obiettivo.

  • Lei è un affermato imprenditore, la sua azienda ha stabilimenti in tutto il mondo, nella sua attività d’impresa ha fatto proprio il concetto di merito?  E come?

Sempre! La meritocrazia è la prima regola del mio agire, come imprenditore e come uomo. Il merito è il criterio guida per garantire l’affermazione, la crescita e la soddisfazione di tutto il capitale umano che lavora con me. E’ una regola che il mio gruppo applica in Italia e in tutto il mondo. E’ tuttavia un valore, quello del merito, che riscontra maggior successo e facilità di applicazione nei paesi dove il liberismo ha fatto storia (soprattutto negli USA). In quei paesi è più facile, ancora oggi, forgiare professionalità capaci di raggiungere obiettivi e affrontare sfide aziendali.

  • Cosa suggerisce, alla luce della sua esperienza professionale, ad un giovane che voglia puntare sulle proprie capacità e, appunto, sul proprio merito?

Dico che è la strada giusta! Qualunque iniziativa, qualunque intrapresa, sia essa pubblica o privata, deve essere fondata sul merito come fattore-turbo, da utilizzare per arrivare al successo. Non è più il tempo di ragionare secondo altre logiche, scegliendo la via più facile. Un giovane deve, attraverso un percorso formativo, educativo e professionale, sviluppare una sana competitività, vero valore aggiunto per vincere tutte le sfide lavorative, personali e quotidiane.

  • Quale è il valore aggiunto, oltre la competitività, che le interessa di più in un giovane, magari da assumere nella sua azienda?

Un giovane è una lavagna bianca su cui scrivere. Un giovane approccia il mondo del lavoro con desiderio e motivazione. Non ritrovo, nei più giovani, retropensieri o dietrologie. Sono collaborativi e determinati, pronti e competenti. Rappresentano per un’azienda il valore aggiunto. Per questo io e il mio gruppo abbiamo sempre puntato sui giovani, e bene abbiamo fatto, non ci siamo mai pentiti. La scommessa su un giovane è sempre vincente.

  • Questo discorso può valere per tutti i giovani, siano essi del Sud o del Nord dell’Italia? Quale è la sua esperienza al riguardo?

La ringrazio per la domanda, che tocca un tema a me particolarmente caro. In un Sud così criticato e vilipeso  posso affermare invece che la mia esperienza è molto positiva. La passione e l’impegno profuso dai giovani del Meridione vanno ben oltre le più rosee aspettative. Un giovane del Sud ha voglia di emergere, di raggiungere obiettivi e traguardi, ha voglia di mettersi in gioco, spesso allontanandosi da casa propria ed andando all’estero, o al Nord, per poter lavorare. I giovani del Sud hanno un grande spessore e questo nella mia esperienza l’ho sempre riscontrato. E’ molto più facile trovare giovani volenterosi e dediti al lavoro al Sud che, magari, in realtà sociali e territoriali dove è tutto più consolidato e “definito”.

  • Quale è la sua opinione sulle start-up innovative che tanto ora vanno di moda e sui vari strumenti che il nostro paese mette in atto per incentivarle?

Qui la risposta è articolata. Le start-up rappresentano il desiderio dell’intrapresa da parte di giovani  che con coraggio vogliono impegnarsi in una sfida in cui nulla è dato per scontato. Le start-up rappresentano un rischio e volerlo correre è già in sé un valore. In America le start-up rappresentano una realtà vivace e ormai consolidata, basti pensare che la più moderna economia, ad esempio nel mercato della comunicazione e dell’intrattenimento, è ormai guidata da start-up. L’Italia ha colto, seppur con ritardo, la sfida delle start-up e a livello legislativo sta muovendo i primi passi. È evidente che un imprenditore attento all’ innovazione, quale elemento strategico della propria azienda, deve essere capace di cogliere i vantaggi di una start-up (in termini di idee, contenuti e bisogni della collettività). L’imprenditore più capace vede nella start-up un’opportunità, ne sostiene il progetto, vi collabora. Io stesso sono parte attiva di due start-up innovative.

  • Ci può descrivere questi suoi due progetti allora?

Il primo progetto riguarda la comunicazione tridimensionale di cataloghi cartacei attraverso lo sviluppo dell’ampiezza della rappresentazione, ottenuto colorando in modo diverso e/o sostituendo le componenti del catalogo a distanza. L’altro progetto riguarda invece i giochi, di quelli scaricati attraverso applicazioni su smartphone, tablet e altri device. Di quest’ultimo progetto non posso però dire molto, perché sta “incubando”; posso solo dire che diverrò un player del mercato delle comunicazioni elettroniche. Entrambi i progetti hanno comunque una finalità in comune, sostenere il valore aggiunto che proviene da una brillante idea imprenditoriale.

  • Quindi, se l’idea è vincente e appartiene ad un giovane lei la sostiene?

Assolutamente sì, prima l’analizzo, valuto il business plan, gli investimenti da effettuare. Se tutto questo c’è, l’idea è da sostenere. Ma non basta. Servono anche adeguati strumenti di founding, necessari per realizzare in concreto la start-up.

  • Quale è la sua opinione in merito agli interventi finora assunti a sostegno delle start-up, cosa consiglierebbe al Governo?

Io sposo con estremo favore le iniziative intraprese su questo fronte dal governo Renzi e auspico che venga data sempre maggiore importanza al sostegno delle imprese ed alle start-up. Inoltre mi auguro che vengano stanziate sempre maggiori risorse per sostenere progetti imprenditoriali, così che di anno in anno le nuove start-up, le nuove idee d’impresa, possano affermarsi e diventare realtà concrete, sfidanti e competitive.

La P.A. paga il pegno del passato. Si sa che in passato la P.A. ha fatto scelte in materia di risorse umane e di professionalità poco basate sul merito e sulla competitività. Il mondo tuttavia è radicalmente cambiato e fenomeni quali la globalizzazione hanno contribuito, per fortuna, a smuovere le coscienze. E’ quindi cambiata la tradizionale visione della P.A., sempre più orientata alla trasparenza e al dialogo collaborativo con i privati. Chi governa deve avere chiaro che, proprio grazie ai cambiamenti degli ultimi anni, all’elettorato non basta più sapere quante assunzioni fa questo o quel politico, come poteva avvenire un tempo. L’elettore vuole dal politico risultati concreti, risposte alle quotidiane esigenze dei privati, imprenditori e collettività. In quest’ ottica anche la P.A. deve fare la sua parte. Per farlo ci vuole coraggio, occorre fare tagli, ridurre le inefficienze, azzerare gli sprechi. Il tutto favorendo invece le professionalità, le competenze e la competitività. E, quando dico questo, penso ad esempio alle tante opportunità che, per esempio in Campania, potrebbero nascere se fossero effettivamente valorizzati i beni culturali e paesaggistici. Insomma, ci vuole coraggio: svecchiare e snellire l’apparato burocratico; guardare l’elettorato non più come una mucca da mungere ma come una reale risorsa.

La sua esperienza imprenditoriale si svolge in contesti internazionali ed europei. Rispetto a tali realtà l’Italia soffre ancora un gap burocratico, o qualcosa sta lentamente cambiando?

Il gap in Italia c’è ed è fortissimo. La dinamicità di altri paesi è molto più forte, la competitività all’estero è altissima. In Italia il gap c’è in termini di efficienza, di utilizzo delle risorse, di lungaggini burocratiche, soprattutto se consideriamo le nostre reali potenzialità. Tuttavia, saluto con favore alcuni interventi del Governo orientati a favorire la competitività, lo snellimento della burocrazia, la semplificazione. E plaudo ad iniziative, come quelle realizzate in Campania dal Governatore De Luca, che nel suo primo atto legislativo regionale ha dato attuazione a strumenti di semplificazione amministrativa - quali lo sportello unico per le imprese - favorendo così la riduzione della burocrazia; posso dire che questa rappresenta una enorme svolta, una reale semplificazione per tutto il sistema imprenditoriale campano. Come dire, sono moderatamente ottimista.

  • Quali sono le condizioni di contesto che nel sistema Italia possono favorire il merito: una giustizia più rapida, certezza delle regole, garanzia degli investimenti?

L’attrattività del nostro paese è fortissima. All’estero tuttavia ancora arranchiamo, stentando ad apparire credibili. Basti pensare alla lentezza del nostro sistema giudiziario, a processi che a volte durano anche più di dieci anni. Parlo di certezza delle regole, di uno Stato di diritto.

  • Secondo lei è questo un deterrente per gli investitori esteri?

Si, certamente. Di recente sono riuscito a far venire in Italia un imprenditore indiano di altissimo profilo e a farlo investire qui, nel casertano. Gli ho promesso che l’Italia non è quella che descrivono i giornali, gli ho detto che l’Italia è un’opportunità. Mi ha creduto e adesso sulle mie spalle c’è una grande responsabilità. Per questo ogni giorno mi adopero per far sì che il progetto imprenditoriale che mi lega a lui sia rispondente alle sue esigenze, ai suoi standard. L’avvio di questa attività è molto difficile e sta richiedendo grandi sforzi. Posso di sicuro affermare che in condizioni di normale competitività, per la bellezza dei nostri luoghi e il valore della nostra cultura, rispetto ad altri paesi saremmo largamente preferiti dagli investitori esteri. Il fattore Italia è una ricchezza da valorizzare e promuovere.

  • Il filosofo americano Michael Novak ha scritto che la logica del mercato è “cercare insieme la soluzione migliore in modo agonistico”. Un bel modo di conciliare competizione e collaborazione, concetti apparentemente antitetici. Quale la sua opinione al riguardo? Dalla competizione può nascere collaborazione?

  Certo. L’importante è che tutti, in modo professionale, svolgano il proprio ruolo. Non deve esserci competizione tra politica e imprenditoria, tra politica e giustizia.

  • E tra imprenditori?

Quando la competizione è sana va benissimo. Se poi si riferisce all’atteggiamento meridionale, spesso legato a logiche medioevali che non guardano al merito e alla competitività, direi che questo è un enorme gap, una perdita di chance per il Mezzogiorno d’Italia. Il Meridione è il luogo dove i gap dell’Italia si manifestano con maggiore evidenza. Credo che il sud debba essere considerato come il banco di prova per risolvere tutti i problemi del nostro paese, perché risolvendoli qui è possibile farlo nell’ Italia intera.

  • Nel 2015, dunque, possiamo ancora dire che c’è una questione meridionale?

Si, per tanti aspetti. Il Sud, ripeto, è il più difficile banco di prova.

Dall’inizio dell‘intervista ho lodato il merito, appena me ne ha parlato mi sono entusiasmato. Nella vita mi sono sempre basato sul merito come criterio guida, ne ho fatto un fattore fondamentale della mia impresa e, se ho raggiunto degli obiettivi, è perché ci ho creduto. I giovani devono comprendere questo. La regola numero uno è credere nelle proprie capacità, costruendo sul merito solide fondamenta, utili per raggiungere ogni obiettivo. Chi crede in questo valore non ha che da perseverare, la strada per la vittoria e l’affermazione è di sola andata. “Il Merito” è quindi un’iniziativa coraggiosa e da lodare. Mi piace ricordare la canzone “capitani coraggiosi” di due grandi della musica italiana, Morandi e Baglioni, bisogna esserlo sempre, sentire coraggio e forza nei propri cuori per realizzare tutti i nostri piccoli e grandi progetti.

 (15 dicembre 2015)

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