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Liberi da interessi. Il debito pubblico italiano spiegato ai bambini, ai ragazzi e anche ai loro genitori (di Stefano Borghi)

 

Sembrerebbe una notizia quasi irrilevante: “L'Italia ha perso la sua ultima A”. L'agenzia canadese Dbrs, la più piccola di quelle che si occupano di classificazione internazionale, ha infatti deciso il downgrade del nostro debito a BBB.

La decisione segna il definitivo ingresso del nostro Paese in “seconda divisione”. Prima della Dbrs, la retrocessione era già stata sancita da Standard & Poor's (BBB-), Moody's (BAA2) e Fitch (BBB+). Il declassamento, scrive il Sole 24 Ore, “aumenterà la trattenuta che la Bce chiederà sui titoli di Stato italiani dati in pegno dalle banche quando chiedono liquidità” (tradotto, più interessi sul debito pubblico). Siamo sempre e ancora lì al “macigno” del debito pubblico, come lo ha definito l’ex commissario alla spending review Cottarelli nel suo fortunato libro. Inevitabile, date le sue dimensioni e i vincoli che crea per la nostra economia. Carlo Giordano e Luca Giovanni Piccione, con il recente Liberi da interessi (ed. Dissensi, 2016), ci offrono una visione eretica al problema del debito. Un saggio in forma di racconto. Mi ha molto incuriosito e ho voluto incontrare i due Autori. Entrambi sono appartenenti all’Albo Professionale degli Ethics Officer. Carlo ha estrazione legale e si interessa di finanza collaborativa, Luca si diverte a mescolare le sue competenze bancarie con gli spunti offerti dall’informatica e dalla psicologia.

Come è nata l’idea del libro?

L’ideologia vincente è quella che non si vede. Quella che ti fa agire, senza pensare. Senza pensare che qualcosa che sembra naturale in realtà naturale non è. Gli interessi, come il denaro, non sono una legge di natura. Liberi da interessi prende spunto da questa prospettiva. Una prospettiva che genera un pensiero semplice. Semplice ma allo stesso tempo estremamente difficile da confutare.

Perché parlare di debito pubblico, tasse e tassi di interesse?

Milioni di persone hanno difficoltà a vivere una vita dignitosa. Milioni di giovani hanno difficoltà a trovare un lavoro. Milioni di normali cittadini devono attendere mesi, anche anni, per determinate prestazioni sanitarie. Milioni di esseri umani pagano, in tutti i sensi, i miliardi di euro di interessi che ogni anno il nostro Stato deve versare come “rendimento” a chi gli ha prestato del denaro. Quando raccontiamo la storia del libro ai bambini delle scuole primarie e secondarie ci teniamo a spiegare che debito e tasse non sono parole cattive, se usate con moderazione. Diciamo loro che uno Stato raccoglie il denaro che serve per farlo funzionare tramite le tasse, ma può accadere che abbia bisogno di altro denaro per fare delle opere che servono a tutti noi cittadini. Quel denaro trova il suo rendimento nell’utilizzo che tutti noi facciamo delle opere realizzate dallo Stato.

La narrazione finanziaria - l’ideologia che il libro mette in discussione - rende felice chi percepisce gli interessi sui titoli di Stato, ma è profondamente disonesta perché omette due semplici concetti: gli interessi percepiti sono le tasse pagate (o, peggio ancora, altro debito, come accade in Italia da oltre venti anni dato che il nostro Paese è costantemente in avanzo primario); gli interessi sul debito pubblico aumentano la disuguaglianza economica e sociale, trasferendo ricchezza dai più poveri ai più ricchi (basta fare poche semplici operazioni matematiche per rendersene conto).

In Italia la lotta all’evasione fiscale esiste davvero?

Sicuramente si, ma la sua efficacia è legata a doppio filo con la politica. Le tecnologie di oggi consentono di governare le transazioni commerciali e di eseguire analisi economiche e finanziarie con modalità impensabili fino a qualche decennio fa. Se ci fosse la volontà di utilizzarle, forse il nostro debito pubblico non esisterebbe.

Come vedete il “Bel Paese” e l’Europa fra 5-10 anni?

In attesa. La politica monetaria della BCE ci ha dato del tempo per pensare e per agire. Per il momento abbiamo solo parlato. A vuoto. Il contesto regolamentare, economico e sociale non consente, formalmente, grandi rivoluzioni. Ma, praticamente, gli spazi ci sono. La nostra proposta va in quella direzione. La riduzione della finanza a vantaggio dell’economia può migliorare significativamente il benessere dei cittadini, attivando opportunità oggi inimmaginabili. E dando spazio alla democrazia, oggi soggiogata alle logiche finanziarie.

E’ più un problema di finanza o di differenze fiscali fra paese e paese europeo?

E’ un problema di finanza, solo di finanza.

Solita domanda “populista”: il problema è l’euro?

Per l’ideologia in essere, sicuramente si. Ma basta cambiare occhiali e ci si accorge che l’euro è una convenzione. E’ una misura. Le misure hanno un grande pregio, rendono confrontabili le cose. Ma restano misure e non è cambiando la misura che si diventa più onesti, più produttivi, più coscienti dell’importanza dell’istruzione di qualità, più attenti ad una giusta distribuzione delle risorse.

Non ho capito. Potete spiegarmi meglio?

Se domani mattina ritornassimo alla Lira l’evasione fiscale resterebbe la stessa (forse peggio), la corruzione continuerebbe ad agire indisturbata, le nostre aziende non diventerebbero più produttive (il rapporto tra il PIL prodotto e le ore lavorate non cambierebbe) e non è detto che diventino più competitive, gli investimenti in termini di risorse economiche e in termini di qualità nell’istruzione non si modificherebbero ecc. Non è cambiando la modalità di denominare il valore di un oggetto o di un servizio che si risolvono i problemi del nostro Paese. Anzi (pensiamo a quale mostro diventerebbe il nostro debito pubblico e i relativi interessi).

Cosa pensate della crisi bancaria. Da dove ha origine, come si è sviluppata e dove ci sta portando?

Le banche, nella loro accezione più tradizionale, fanno essenzialmente due cose: trasferiscono valore che esiste (sono i notai del denaro) e trasferiscono valore che esisterà (sono i notai del credito). Oggi trasferire il valore che esiste è una attività molto banale perché si sostanzia nel trasferire informazioni da un archivio ad un altro (ce ne stiamo accorgendo sempre di più grazie alle straordinarie evoluzioni della tecnologia). Trasferire il valore che esisterà è invece qualcosa di molto più complicato, perché introduce un elemento intangibile: la fiducia. E’ la fiducia tradita che rompe le relazioni sociali, incluse quelle economiche. Se chi ha ottenuto credito ha trasformato quella fiducia solo in valore per se stesso e non per la società in cui è inserito, allora la crisi è inevitabile e inarrestabile. Non è una crisi bancaria, è una crisi morale e come tale va affrontata.

L’occhio di riguardo tenuto per il sistema bancario dai nostri regolatori quali ripercussioni può avere per le generazioni future?

Ripartiamo dalla risposta precedente. Ci si deve rendere conto che 1 euro ricevuto a credito è un segno della fiducia che la società, tutta, in cui viviamo e operiamo ci concede. Se i nostri regolatori saranno in grado di presentare la situazione in questi termini, allora le ripercussioni non potranno che essere positive. Se invece continueranno a rafforzare l’ideologia corrente, allora non potrà esservi altro che un continuo aumento dell’insofferenza verso questo tipo di istituzioni e il perpetuarsi di logiche opportunistiche e di breve periodo.

Cosa pensate dell’attuale politica monetaria europea a tasso “sotto zero”; è un processo meramente di politica economica o è un preludio a qualcosa di diverso?

La BCE ci ha fatto un gran bel regalo. Ha ammesso che il denaro si può distruggere da solo o quantomeno non moltiplicarsi per convenzione. Noi abbiamo donato una copia del nostro libro al Governatore della BCE ringraziandolo per aver dato avvio ad un progetto che adesso vorremmo far continuare a tutti i cittadini italiani. Purtroppo siamo coscienti che quanto avvenuto fino adesso segue le tradizionali logiche di politica monetaria, perché se fosse un preludio a qualcosa di diverso potrebbe voler dire che la BCE dopo aver messo in discussione il concetto di denaro mette in discussione anche se stessa. Se il denaro è una convenzione, se l’euro è una misura, se l’interesse non esiste più, se la fiducia può essere trasferita senza intermediari istituzionali, se l’inflazione non deve sempre crescere per forza allora perché tenersi le banche centrali?

Da strateghi di politica economica a semplici supervisori: vigili urbani impegnati a regolare e rendere fluidi i flussi economici; un bel salto.

Che Italia e che società stiamo lasciando alle nuove generazioni?

Rispondiamo con tre aggettivi: povera (non solo economicamente), disattenta (nei riguardi dei veri problemi), priva di memoria (fondamentale per poter cambiare).

Si parla tanto di FinTech cosa ne pensate in un contesto come quello che stiamo vivendo? Porterà vantaggi o svantaggi all’attuale sistema economico?

Qualsiasi iniziativa che favorisca la circolazione delle informazioni porta dei vantaggi, se tali informazioni possono essere liberamente – non necessariamente gratuitamente – utilizzate o meno da ogni singolo cittadino.

Da dove deve partire il cambiamento? Vedete all’orizzonte un game changer?

Il cambiamento deve partire da noi stessi, dal nostro comportamento. In “Liberi da interessi” proponiamo la nostra soluzione per produrre, partendo dal debito pubblico, quel cambiamento che si ripercuote sull’economia e quindi sulla società. Una storia raccontata mille volte diventa realtà. Noi ci auguriamo che gli italiani raggiungano il livello necessario di pensiero critico per comprendere che la realtà non è, quasi mai, una sola. Poi ci sono altre iniziative più piccole e concrete, per esempio abbiamo fondato due comunità che fanno al proprio interno piccoli prestiti senza interessi.

Potete dirmi di più?

Quando si propone una nuova visione, bisogna anche verificarla, se no resta astratta. Quando abbiamo avviato questo progetto nel 2012 con AssoEtica, uno di noi (Luca) ha iniziato col restituire gli interessi dei propri BTp, l’altro (Carlo) che non aveva BTp ha iniziato col fare un versamento simbolico sul conto per l’ammortamento del debito pubblico (http://www.btpzerointeressi.it/ - https://www.facebook.com/zerointeressi/). Poi attraverso Associazione delle Comunità AutoFinanziate Italia (http://www.acafitalia.it/), abbiamo condiviso con altri e dato vita a due esperienze di microcredito informale libero da interessi che sta sopravvivendo e sta pure evolvendo. Perché ogni nuova visione deve avere una risposta a domande del tipo: Cosa sono disposto a fare per realizzarla? Che esperimenti posso fare per iniziare?

A tal riguardo proponete di restituire gli interessi provenienti da acquisti di debito pubblico; dico bene?

Non esattamente. Quello che vogliamo mettere in luce è che l’interesse che viene percepito quando si sottoscrive un titolo di Stato non è un interesse finanziario percentuale annuo ma è un interesse economico assoluto giornaliero: una scuola, un ponte, un ospedale, un progetto energetico ecc. Considerando che da oltre venti anni il nostro Stato è in avanzo primario (le tasse che paghiamo in più rispetto ai servizi che riceviamo servono a corrispondere gli interessi sul debito pubblico), il nostro debito continua a crescere solo ed esclusivamente per effetto degli interessi. Basterebbe iniziare emettendo a tasso zero il nuovo debito che serve solo ed esclusivamente a pagare gli interessi sul debito pregresso. Non è difficile.

Che ruolo hanno i mezzi di comunicazione di massa nella percezione che si ha generalmente del mondo dell’economia?

Giro la domanda: il mondo dell’economia è quello che ci raccontano o quello che viviamo tutti i giorni? Bisogna esserci, fare degli esperimenti, rischiare, tentare, verificare, solo così si percepisce e si crea il mondo dell’economia reale.

Veniamo più nello specifico al libro: perché scrivere una sorta di fiaba?

Il linguaggio fiabesco o mitico è quello delle fondamenta dell’etica e della morale, bastano poche immagini per capire che mondo viene dipinto, verso quale futuro porta e che prospettive ci sono per gli esseri umani. Con un saggio o un trattato si può sostenere di tutto, provateci con una fiaba.

Nel libro si caratterizza il sistema Paese come una grande famiglia; azzeccata come assonanza, ma ardita come assunzione. Come lo spieghereste ai banchieri d’assalto che imperversano nel sistema economico?

Non c’è niente da spiegare, guardate nella vostra famiglia. Siete tutti consapevoli, maturi e responsabili allo stesso modo? È la stessa cosa, più in grande. Se vi può aiutare usate le persone della vostra famiglia come nomi degli insiemi a cui abbinare per assonanza dei gruppi sociali. Dalla persona più vicina e amata fino al ramo della famiglia con cui siete in causa.

Definite il tasso di interesse come un mostro che si mangia i risparmi è molto forte (diciamo pure anche molto azzeccato), ma provocatoriamente ed economicamente parlando, non lo vedete come una mera espressione del rischio che deve essere ripagato a chi presta capitali ad un sistema non del tutto trasparente e solido?

Forse questa domanda ha più attinenza con il credito erogato a soggetti privati. In ogni caso se l’interesse servisse per tutelarsi dal rischio, tipo un deposito cauzionale allora, una volta onorato il debito e coperte le spese, perché non restituire la somma eccedente?

Non vedete più un problema di credibilità (quindi di rischio) nel sistema attuale rispetto ad un problema concettuale come quello di azzeramento del tasso per emissioni pubbliche?

Questione interessante, non si vede però come un tasso positivo possa favorire un recupero di credibilità. È plausibile invece che un tasso zero possa liberare nuove risorse a tutti i livelli.

Perché “impaurire” le generazioni future?

I “cattivi” esistono. Quello che noi vogliamo alimentare è la consapevolezza per riconoscerli e il coraggio per affrontarli. Specialmente quando il cattivo di turno è una nostra convinzione o peggio un automatismo.

Quale impatto vi aspettereste da una scolaresca che si interessasse a questi problemi definiamoli pure “più grandi di loro”?

Non lo sappiamo, siamo curiosi di vedere cosa può succedere.

Quale, secondo voi, può essere la reazione di economisti o accademici che da metà dell’800 è abituato a ragionare sul concetto di tasso d’interesse come l’incentivo a prestare oggi per incassare domani?

La reazione più plausibile è il rifiuto per vivere tranquillamente gli ultimi anni di carriera o di pensione. Per chi ha invece più energie sarà uno stimolo interessante.

Liberi da interessi” parla ai bambini. Magari qualcuno di loro, da grande, diventerà un docente universitario, un economista, un banchiere centrale (se esisteranno ancora), si ricorderà di questo piccolo libro e deciderà di ripensare l’intero modello cancellando da ogni equazione la lettera “i”. Ovviamente noi confidiamo che non si debba aspettare tutto questo tempo per raccogliere questa sfida. Se ad esempio ci fosse qualcuno dei vostri lettori – i lettori de Il Merito. Pratica per lo sviluppo – interessato a raccoglierla, saremmo molto felici di poter lavorare insieme a qualcosa di veramente nuovo.

 

30 gennaio 2017

 

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